Emozioni a vuoto per un pianeta che ci sta perdendo.
Le ricostruzioni dei post terremoti che non si ricostruiscono, Venezia che s’inonda ma non è la sola sebbene la più illustre, l’ex Illva che pare un inestricabile imbroglio insieme con tante altre imprese variamente importanti, e poi il resto che contribuisce a instradare il nostro Paese verso la decadenza.
Ogni volta che queste situazioni sono esplose come disastro ci siamo mobilitati, abbiamo donato i nostri due euro, il Parlamento ha preso la rincorsa per emanare la legge apposita, da cui sarebbe dovuta scaturire un’opera risolutoria. Ma poi si scopre che c’erano altre leggi impicciate con leggi precedenti, nell’intreccio inestricabile che ha partorito e partorisce Mose, Tav, Tap, eccetera. Quando non avvenga che il malaffare ci s’infili fra le maglie di quell’intreccio.
Al pianeta non basta l’empatia. False partenze o per rispondere alle emozioni o partenze frenate da nuove emozioni del popolo italiano o degli Italiani, come si ama dire ora, in seguito alla ignominiosa alterazione del concetto di popolo. L’empatia è una pessima suggeritrice: ci si emoziona, si solidarizza, si risponde al momento, si bendano le ferite, e tutto finisce lì, o quasi. Ma le cause strutturali rimangono dov’erano, perché quelle richiedono lungimiranza, programmazione, trasformazione culturale, impegno nel tempo, costanza d’attenzione, monitoraggio. Tutto ciò non emoziona, non ha la vibrazione melodrammatica dell’empatia. Sicché intanto andiamo letteralmente a fondo. Metto le mani avanti per non essere frainteso come se mi fossi schierato con il “cattivismo”; anche questo è pura empatia, espressione di appartenenza ad una tribù conformista che guarda agli estranei con l’occhio del bullo, tanto quanto il “buonismo” che ama far sentire chi lo pratica delle brave persone. (M. P.)